Valeria si stava incamminando lungo una strada di Ravenna1 che conduceva al mausoleo di Galla Placidia2, dove lavorava suo padre come mosaicista3. Era una splendida giornata, l’ideale per una passeggiata, ma la bambina non immaginava neanche lontanamente quello che le sarebbe capitato.
Infatti, mentre camminava lentamente, fantasticando chissà quali cose meravigliose, udì dei passi provenire in lontananza. La sua gioia fu grande quando vide un intero corteo di soldati e damigelle, ma non essendo molto alta non riusciva a vedere chi fosse l’illustre personaggio che procedeva con tale scorta; comunque fece in tempo a godersi tutto il corteo.
I bellissimi occhi azzurri della bambina non smettevano di guardare con curiosità le sontuose vesti, i bei copricapi, le lance e i mantelli con ricami dorati.
Purtroppo il corteo si allontanò e Valeria non riuscì a godersi lo spettacolo multicolore che era assai raro vedere.
Un po’ scoraggiata, riprese il cammino, ma fu di nuovo allegra quando, voltato l’angolo, si accorse che il corteo si era fermato proprio davanti al mausoleo di Galla Placidia. “Ma allora” esclamò Valeria “è proprio lei il personaggio illustre che viaggia con tutta quella scorta: Galla Placidia, la nostra regina! Oh! Come desidererei vederla e conoscerla! Ma non mi faranno certo passare quelle guardie dall’aspetto così minaccioso… Comunque un sistema lo troverò!”.
Cercando di non farsi notare si nascose dietro un grande albero che nascondeva bene il suo sottile corpo: da lì era facile vedere tutto quello che poteva accadere.
Aguzzando la vista poté scorgere varie donne e soldati e perfino suo padre, ma della regina nessuna traccia. Finalmente ella arrivò ed era splendida: comunicava una grande sensazione di sicurezza per il suo portamento fiero e dignitoso; aveva i capelli raccolti da un diadema e bellissime vesti provenienti da chissà dove; anche se non aveva molti gioielli era bellissima ed elegante; le altre damigelle, pur graziose, in confronto a lei erano insignificanti.
Valeria seguì con lo sguardo la regina quando entrò nel piccolo mausoleo: esternamente l’edificio era molto spoglio, ma, come le aveva spiegato suo padre, dentro era scintillante di mosaici multicolori. Valeria si avvicinò, senza essere vista, al mausoleo e diede un’occhiatina all’interno: proprio al centro vi era Galla Placidia.
La regina guardava i bellissimi mosaici che, sulla volta4, rappresentavano un cielo turchino punteggiato di stelle d’oro.
Anche se il mausoleo aveva pochissime e piccolissime finestre, da cui entravano tenui raggi di luce, ci si abituava facilmente al buio e gli occhi della bambina poterono distinguere abbastanza chiaramente i colori e le figure.
Ovunque regnavano colori come l’azzurro, il blu e il giallo oro. Valeria notò che la regina ammirava particolarmente la cupola tempesta di giri concentrici di stelle d’oro e le bianche colombe che si abbeveravano a una fontana.
Seguendo gli occhi della regina la bimba capì che ella guardava con attenzione i dettagli, la disposizione delle tessere dei mosaici. “Forse” pensò Valeria “cerca di immedesimarsi ne paziente lavoro dei musivari5 e si sforza di immaginare come sarà l’opera ultimata”.
Intanto Galla Placidia stava ammirando i mosaici e non si era accorta della presenza di Valeria; infatti guardava con attenzione la lunetta raffigurante il Buon Pastore con tante pecorelle intorno6.
Gesù aveva un’espressione pensosa; indossava splendidi abiti dorati che risaltavano sul cielo azzurro. “Vedendo un mosaico” pensava la bimba “sembra un’opera facile da realizzare, ma io mi ricordo ancora le tante fatiche compiute da mio padre; ricordo quando lavorava anche se il tramonto volgeva al termine, per completare una scena”.
Valeria si domandava se i mosaici piacessero alla regina.
Ci mise un po’ di tempo a vedere l’espressione del viso di Galla Placidia, cosa difficile con tutto quel buio, ma quando riuscì a scorgerla grande fu la sua sorpresa alla vista delle lacrime che scorrevano lungo le candide guance della regina.
“Chissà se sono lacrime di gioia o di dolore?” si domandò la bambina “a cosa starà pensando? Perchè piange?”.
La regina, ora, non sembrava più imponete, ma appariva piccola, così sola e bisognosa di essere protetta che la bambina, se non si fosse ricordata che era la sua regina, sarebbe di certo andata a consolarla, com’era solita fare quando una sua amica si trovava in difficoltà.
Galla Placidia, come se avesse letto le domande nella mente della bambina, si sedette su uno sgabello piuttosto rozzo, che serviva alle persone addette alla costruzione del mausoleo e cominciò a parlare tra sé e sé, non distogliendo gli occhi dai mosaici; benché le lacrime le scorressero lungo le guance, la sua voce era chiara e Valeria non fece fatica a capire quello che diceva.
Mentre parlava, i sui occhi, il suo viso, tutto di lei assumeva un’espressione antica e anche se i capelli erano sempre dello stesso colore, la bambina ebbe l’impressione di avere davanti a sè una donno molto più anziana, simile a tante altre, sconvolta e timorosa per l’avvenire dei suoi figli; ma non poté fare altre osservazioni perché la regina aveva già iniziato a rievocare la sua vita: “Sono nata in una potente famiglia; infatti mio padre era un imperatore romano: il grande Teodosio7. Fin da piccola sono cresciuta nella ricchezza e sono stata educata dai migliori maestri; avevo due fratelli, Arcadio e Onorio8, che alla morte di mio padre si divisero l’Impero d’Occidente e d’Oriente. Mio fratello Onorio spostò la capitale a Ravenna, perchè Roma non era ritenuta più tanto sicura.”9
Si fermò come se continuare fosse per lei troppo doloroso, ma poi riprese: “Ricordo ancora quando arrivò Alarico che saccheggiò e 10 distrusse tutto; ricordo anche il messaggio del senato che diceva di scappare perchè la città non era più sicura: tutta la gente atterrita correva nella speranza di raggiungere la salvezza, mentre l’odore della morte regnava nelle strade.
A stento ero riuscita a salvarmi da quella rovina.
Accadde poi un evento che io giudico il peggiore della mia vita: infatti, anche se ero ancora molto giovane, mi costrinsero a sposarmi con Ataulfo, re dei Visigoti, successore di Alarico.”11
S’interruppe e, ridendo amaramente, disse: “Come potevano pensare che io sarei stata felice di sposare un parente di colui che aveva distrutto la mia città? Comunque non accettarono rifiuti e io fui costretta a sposarmi.
Mi risposai, in seguito, con il patrizio Costanzo dal quale ebbi due figli: Onoria e Valentiniano12; ora governo in nome di mio figlio, che è ancora troppo giovane per assumere il potere; il mio desiderio più grande sarebbe che lui crescesse sereno, che diventasse un re buono e giusto e che il popolo lo potesse apprezzare per quello che è”.
Guardava, intanto, la regina, alcuni mosaici che rappresentavano apostoli vestiti come i senatori romani, con la lunga toga bianca.
Galla Placidia proseguì: “Anche se sono abbastanza giovane, mi sento già molto stanca e ho paura per quello che potrà accadere ai miei figli, soprattutto a Onoria, che è ancora una bambina, ma anche a Valentiniano; io forse non ci sarò più quando loro saranno grandi, ma spero che la vita riservi loro anche cose belle, non tragiche come quelle che io ho subito…”.
Rimase un attimo pensosa, poi alzò la testa e disse: “Ora, però, è meglio andare”.
In fretta si asciugò le lacrime e il suo viso ritornò fiero e sicuro; com’era diversa ora dalla donna che piangeva su quel rozzo sgabello dov’era prima! Valeria poté sentire gli elogi che la regina faceva alle persone addette ai mosaici. Poi il corteo si allontanò.
Valeria provava ammirazione e insieme compassione per Galla Placidia: ella voleva infatti mostrarsi energica, ma forse in realtà era debole come un fiore che all’arrivo del vento si piega e perde i candidi petali, triste presagio di tempi futuri, ancora più drammatici per l’impero romano13.
Valeria sapeva che, se anche la regina se n’era andata, sarebbe rimasto sempre un ricordo di lei in quell’ambiente e nella sua mente; inoltre era sicura che, anche non avendola vista, la regina avesse voluto dividere con lei il suo segreto, il segreto della sua vita.
Valeria giurò a se stessa che non ne avrebbe mai parlato con nessuno, ma che avrebbe custodito quel grande segreto come in uno scrigno, prezioso e dorato com’era il mausoleo di Galla Placidia14.


Note Storiche:

  1. Ravenna, di origine umbra, sorgeva su isolette lagunari al limite meridionale dell’antico delta padano. Divenne municipio e colonia romana. Augusto vi fece costruire il porto di Classe. Nel 402 l’imperatore Onorio la scelse come capitale dell’Impero d’Occidente. La sua importanza crebbe grazie a: Galla Placidia, Odoacre (re d’Italia dal 476 al 493, ne fece la capitale del regno), Teodorico (re goto dal 493 al 526). Conquistata dai Greci nel 540, fu il quartier generale degli eserciti bizantini. Fu arricchita di monumenti legati all’imperatore Giustiniano. Seguì la decadenza sotto i Longobardi (dal 751); sotto i Franchi (dal 755) e sotto lo Stato della Chiesa (dal 757).
  2. Galla Placidia (390-450) era figlia di Teodosio I e sorella di Onorio. A giovane età fu costretta a sposare Ataulfo, re dei Visigoti e poi Costanzo III. Regina molto cattolica e molto amante dei suoi figli: Valentiniano III e Onoria. Il mausoleo, legato al suo nome, è un edificio a forma di croce, in mattoni alti e grossi, visibili all’esterno, rivestito di mosaici variopinti all’interno.
  3. I mosaici erano presenti nelle ville romane e nelle chiese paleocristiane, specialmente sui pavimenti. I mosaici di Ravenna e di Bisanzio sono più ricchi di colori, collocati su pareti, volte e soffitti.
  4. Volta: all’interno dell’edificio la copertura è a “volte di botte”, basse e pesanti, rivestite di mosaici. Al centro è una cupola, più alta e leggera, anch’essa ornata di mosaici.
  5. Musivari o mosaicisti: addetti alla composizione delle tessere del mosaico.
  6. Nei mosaici del mausoleo di Galla Placidia sono presenti elementi astratti e realistici. Astratti sono ad esempio i simboli cristiani (il pastore rappresenta Cristo, le pecorelle intorno sarebbero le anime); realistici sono alcuni elementi figurativi: gli apostoli con la toga bianca dei sentori romani, i paesaggi, gli animali.
  7. Teodosio I visse dal 347 al 385 e divenne imperatore dei Romani dal 379. A lui è dovuto l’Editto di Tessalonica (380). Alla sua morte i figli si divisero l’impero: Arcadio l’Oriente e Onorio l’Occidente.
  8. Onorio imperatore romano d’Occidente, dal 395, sotto la guida di Silicone, successe al padre Teodosio insieme al fratello Arcadio. Subì invasioni ad opera dei Goti di Alarico nel 410 e rivolte militari. Fece anche spostare la capitale a Ravenna (nel 402) perché ritenuta più sicura di Roma.
  9. Ravenna divenne la capitale dell’impero Romano d’Occidente nel 402.
  10. Alarico (370-470) fu re dei Visigoti (395-410). Invase l’Italia e saccheggiò Roma (410). Morì presso Cosenza e secondo la leggenda fu sepolto nel fiume Basento.
  11. Ataulfo re dei Visigoti e successore di Alarico dal 410; fu sposo di Galla Placidia e attuò una politica di riconciliazione con i Romani.
  12. Valentiniano III, figlio di galla Placidia, fu imperatore dal 425 (con la reggenza della madre fino al 437), mentre Teodosio II reggeva l’Oriente. Nel 454 uccise il generale Ezio e fu poi ucciso da due soldati di Ezio (generale romano di origine il lirica e vincitore di Attila).
  13. Ci sarebbero state altre invasioni di popoli “barbari” e guerre. L’impero Romano d’Occidente sarebbe definitivamente caduto nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo da parte del germanico Odoacre.
  14. La forma e le decorazioni preziose del mausoleo possono suggerire l’idea di uno scrigno.