La Via Bibulca corrisponde a un tratto (circa 30km) di una antica strada romana che collegava Modena a Lucca. Iniziava in prossimità della confluenza dei torrenti Dragone e Dolo e finiva sul crinale dell’appennino tosco-emiliano, a San Pellegrino in Alpe, con un tratto comune al “sentiero Matilde”. Era chiamata anche Via Imperiale per via del costoso pedaggio e perché era larga abbastanza per passare con un carro trainato da due buoi (dal latino bi-: due e bulca: buoi).
La via era utilizzata già durante l’Impero Romano, le invasioni barbariche ne fecero perdere importanza, ma nell’VIII secolo, con Liutprando, venne aperto il Passo delle Radici per collegare la montagna modenese ai possedimenti longobardi della Garfagnana.
Il periodo più importante per questa antica via iniziò con la fondazione dell’abbazia di Frassinoro (nel 1071) da parte di Beatrice di Lotaringia (madre di Matilde di Canossa). Il percorso divenne centro di contese fra il Comune di Modena e l’abbazia di Frassinoro, al quale fu affidato nel 1164 da Federico I. Nel XVIII secolo cadde definitivamente in disuso, sostituita prima dalla Via Vandelli, che in parte ne ricalcava il percorso, e poi, verso la fine del secolo, dalla Via Giardini.

Il percorso
Il percorso della Via Bibulca inizia in località “La Piana”, sulla confluenza dei torrenti Dragone e Dolo. Il sentiero attraversa gli abitati di Montestefano e Montefiorino per poi salire verso Laverna, fare tappa nei pressi della chiesa di Casola e del borghetto di Lavacchio.

Torre di Lavacchio (MO)

Torre di Lavacchio (MO)

La strada prosegue scendendo verso Serradimigni, lasciandosi a sinistra il Monte Cantiere, e conduce ai borghi di Tollera e di Mercato Vecchio, che si oltrepassa fino a imboccare la via per Aradonica. Poco prima del borgo, il tragitto svolta a destra e sale, oltrepassando alcuni ruscelli, fino a raggiungere Frassinoro.

Torrente Dragone - Frassinoro (MO)

Torrente Dragone - Frassinoro (MO)

Da Frassinoro, la via si snoda verso Pietravolta fino ai Prati di S. Geminiano, attraversa il Passo delle Radici e infine giunge a S. Pellegrino in Alpe, dove era presente un ospizio, eretto per assicurare il ristoro lungo il percorso ormai frequentemente battuto.

Le leggende
All’ospizio di San Pellegrino in Alpe è legata la famosa leggenda del Santo Pellegrino.
Si racconta che il figlio del re di Scozia, dopo aver rinunciato alle proprie ricchezze, si trasferì sull’Appennino dove riuscì a vincere le forze maligne del diavolo che infestavano quelle terre inospitali. Alla sua morte, i modenesi e i lucchesi rivendicarono il diritto di custodirne il corpo. Per deciderne la sorte, si pose il corpo su un carro trainato da due tori, uno modenese e l’altro lucchese, che avrebbe dovuto percorrere la Via Bibulca. Il luogo dove i tori avrebbero interrotto la propria corsa, avrebbe decretato a quale provincia spettava il diritto di custodia. La leggenda racconta che i tori si sono fermati esattamente sul confine tra le due province – dove oggi sorge il noto santuario di San Pellegrino in Alpe, meta di numerosi pellegrinaggi.