A Pavia viveva una giovane donna di nome Brunilde; la sua famiglia, potente e temuta, era fedele alla regina Teodolinda e al re Agilulfo1. Brunilde aveva lunghi capelli bruni spesso raccolti in lunghe trecce, un viso minuto e delicato con gli occhi neri; era promessa sposa di un forte cavaliere di nome Gisulfo. Questi era alto e robusto, portava la barba e corti capelli biondi rasati dietro. Brunilde sapeva che, sposandosi, sarebbe passata sotto la tutela2 del marito, ma questo non la turbava in particolar modo.
Gisulfo doveva dare una specie di indennizzo al padre della fanciulla, ma questa consuetudine non piaceva molto a Brunilde, che spesso pensava ad alta voce: “Mi sembra di essere una cosa che si può vendere e comprare in cambio di un piccolo dono”. Poi, fantasticando, pensava: “Se dipendesse da me farei in modo che la donna fosse del tutto indipendente e che l’uomo non potesse sottometterla”.3 Questi erano soltanto dei sogni e la giovane donna lo sapeva bene. Brunilde spesso pensava alla sua vita nuziale, ne immaginava gli aspetti più piacevoli e sperava che sarebbe stata un’esperienza meravigliosa. Ella era una donna istruita e sperava di poter tramandare almeno una parte della sua cultura a un figlio che tanto avrebbe desiderato avere.
A Brunilde era già stato preparato il vestito per le nozze: era una lunga tunica chiusa alla gola da due fermagli a “S” in bronzo dorato e pasta di vetro, stretta alla vita da una cintura in cuoio con un doppio pendaglio al quale erano fissate una borsa e una sfera di cristallo dal significato magico – protettivo. Brunilde stava vivendo il periodo più felice della sua vita, ma inaspettatamente morì di una morte che nessuno seppe spiegare. I famigliari e Gisulfo erano increduli e disperati. Nella casa, mentre si sentiva piangere ovunque, si stava già preparando il corredo funebre; gli oggetti “preziosi”, che la bella Brunilde avrebbe dovuto portare da viva, sarebbero stati sepolti con lei: collane di vetro pregiato, spille in bronzo, un ago crinale, un coltello con la guaina e un pettine d’avorio bianco4. Il padre di Brunilde si avvicinò alla figlia e tra le lacrime disse: ” Ricordo come pensavi felicemente al tuo matrimonio e come sognavi di trascorrere una vita gioiosa col tuo sposo. Purtroppo ora è tutto svanito!”.
Per la morte di Brunilde si formularono varie ipotesi: alcuni pensavano che la colpa di una morte improvvisa ricadesse su una “masca”5, cioè una strega. Infatti c’erano persone che credevano profondamente all’esistenza delle streghe e provavano odio e paura nei loro confronti. I familiari di Brunilde, però, non credevano a queste superstizioni; si sospettò che un’ancella le avesse fatto bere del veleno su commissione di una potente famiglia nemica; ma non si trovarono mai prove certe. Nella casa la vita era profondamente cambiata dopo la morte di Brunilde. Gisulfo trascorreva molte ore della giornata a ricordare la sua promessa sposa. Si viveva in un’atmosfera di profonda tristezza.
La morte di Brunilde rimase per sempre un mistero non svelato.

Note Storiche:

  1. Regina dei Longobardi. Figlia del duca dei Bavari, sposò Autari nel 589 e poi Agilulfo nel 591. Nel 616 morì Agilulfo e Teodolinda assunse la reggenza per Adaloaldo. Promosse la conversione dei Longobardi al Cristianesimo. Morì nel 628.
  2. La posizione della donna nella società longobarda è di assoluta soggezione all’uomo, sia che si tratti del padre, dello sposo o dei parenti del re. Il “mundio” è un istituto che dovrebbe difendere la donna e soprattutto il suo patrimonio. In realtà è l’atto di autorità su di lei dell’uomo che la possiede.
  3. Le consuetudini e le leggi longobarde non accettano la parità tra uomo e donna; per certi comportamenti la donna libera è punita e l’uomo no.
  4. Numerosi corredi funerari e maschili sono stati ritrovati ben conservati e ci documentano le tradizioni longobarde. Spesso nelle tombe si trova un pettine d’avorio bianco. Questo reperto consueto nell’abbigliamento femminile, ma decisamente inconsueto per un guerriero, va collegato al valore magico che possiede in rapporto ai capelli, alla loro continua rinascita e, di conseguenza, al dio della resurrezione di cui è uno dei simboli.
  5. Il popolo longobardo è profondamente superstizioso e intriso di magia. La masca, ossia la strega, era particolarmente odiata dai longobardi, presumibilmente per la sua forza malvagia e in quanto donna che, grazie a questo suo potere, sfuggiva all’oppressione del “mundio”, al potere dell’uomo sulla donna.