Siamo nell’anno 751 ed io sono una giovane donna che vive nella corte longobarda di Migliarina, appartenente al Convento di S. Giulia in Brescia. Il re Astolfo è di passaggio attraverso le nostre terre; mi rivolgo a lui per chiedergli un atto di giustizia1.
“Ho quattordici anni e mi chiamo Berta” dico rivolgendomi al re.
“Sono sposata con un mugnaio di nome Raffaele; non abbiamo figli2. Posso dire che sono capitata bene, poiché ho un marito che non mi tratta male, anzi è generoso; con gli altri è onesto e perdona facilmente i torti subiti, ma questa volta è successa una cosa grave e imperdonabile.
Qualche tempo fa eravamo andati alla fiera annuale che si svolge in occasione della festa del Santo Patrono; mentre eravamo via ci hanno bruciato il mulino e la casa.
Ci siamo chiesti subito chi fosse stato e per quale motivo l’avesse fatto. Avevamo dei sospetti, che poi si sono rivelati fondati, su un servo-porcaro di nome Pietro: sospettavamo di lui, perché due anni fa mi chiese in sposa, ma i miei parenti decisero che l’uomo adatto a me era Raffaele; Pietro quando venne a saperlo, giurò che si sarebbe vendicato e noi crediamo che questa sia stata la sua vendetta. Io sono contenta di non aver sposato Pietro, perché Ada, sua moglie, mi ha detto che non è mai a casa, che è sempre in giro per le campagne, che è uno sfaticato e che combina sempre guai.
Una volta (mi fermo per prendere fiato), avendo mangiato la carne del maiale che doveva consegnare come “decima porcarum”3 al padrone delle terre sulle quali portava gli animali a pascolare in cerca di buone ghiande, Pietro uscì di casa con una lancia, con l’idea di catturare un animale appartenente ad altri da consegnare al padrone, ma alla fine della giornata non aveva preso niente; furibondo, scagliò la lancia che andò a finire in una corte altrui; provocò una ferita al proprietario e per questo dovette pagare i venti soldi previsti dall’Editto di Rotari, ancora in vigore4.
Al padrone dovette consegnare un altro maiale che faceva pascolare. Tutti i giorni fino all’anno successivo mangiò solo pane nero e niente carne.”
“Ritorniamo al fatto che avete denunciato” mi interrompe il re Astolfo, un po’ spazientito dal mio divagare.
Io riprendo: “Non eravamo sicuri che fosse lui il colpevole, ma lo abbiano scoperto presto: abbiamo pensato che se era stato lui lo avrebbe saputo tutto il paese, perché egli non sa mantenere un segreto neanche per un minuto; infatti abbiamo trovato conferma ai nostri sospetti.
Non sapevano come fare per farci risarcire della perdita subita. Ci siamo rivolti allora alle guardie e ora siamo qui. E’ tutto” dico al re.
Questi dice allora: “Pietro cosa rispondi per difenderti?”
Pietro non risponde, ma si prende la testa tra le mani e sospira; riprende fiato e dice: “Io ho voluto solo vendicarmi, come ha detto Berta, di quel torto che mi hanno fatto i suoi genitori preferendo a me un mugnaio come marito per la giovane che amavo e che in precedenza mi era stata promessa.”
Poi con tono violento: ” Io mantengo sempre le mie promesse, a tutti i costi.” Infine con voce quasi gentile: “Prometto che risarcirò il danno, ma ora non ho tutto quel denaro; se mi lascerete andare via giuro che pian piano darò a Berta e al mugnaio quello che la legge prevede.”
“Io e mio marito acconsentiamo.”
Il re Astolfo dice allora con tono solenne: “Se va bene a voi va bene anche a me!” Poi con voce sempre più seria: “Ti ricordo, Pietro, che devi pagare 7700 soldi per il valore triplicato, del mulino e di quanto in esso contenuto.”5

Qualche anno dopo …………..

Pietro non è ancora riuscito a saldare il suo debito, ma si è verificata una cosa che mi fa più piacere del denaro: egli si è rimesso sulla buona strada, è diventato un buon servo e un buon marito per Ada.


Note Storiche:

  1. Astolfo, re dei longobardi dal 749 al 756, nel 751 assale l’Esarcato (le città ancora legate a Ravenna). Secondo la tradizione in quell’anno avrebbe fatto erigere in Carpi, non lontana dalla corte di Migliarina, una pieve chiamata in seguito “La Sagra”. Le corti erano divise in due parti: nella prima (dominico) viveva il proprietario o un amministratore che controllava il lavoro e la produzione. La seconda parte (massaricio) veniva divisa in tante fattorie che il padrone affidava a famiglie contadine; queste famiglie venivano chiamate mansi. Se il manso veniva venduto, con esso era venduto il contadino. Presso Carpi, in epoca longobarda, esisteva la corte di Migliarina. L’espansione della corte di Migliarina, appartenente al monastero di Santa Giulia di Brescia, era enorme, circa 3300 ettari; solo una minima parte era coltivata, forse 500 ettari appena, il resto era bosco. Il “dominico” su cui risiedevano stabilmente 19 servi, era costituito di 120 ettari di campi e 8 di vigna. Il “massaricio” comprendeva 43 poderi: 23 di questi erano consegnati a singole famiglie contadine, 12 erano suddivisi fra due famiglie ciascuno, 6 erano isolati, forse punte avanzate per la messa a coltura del territorio.
  2. Una donna longobarda si poteva sposare a 12 anni per il volere di parenti e genitori, che avevano qualsiasi diritto su di lei; si sposava presto anche perché la durata media della vita era breve.
  3. Per portare al pascolo gli animali nelle terre (boschi, prati e paludi) dei grandi proprietari, i porcari pagavano una tassa, la “decima porcorum”, consistente nella decima parte dei maiali pascolati.
  4. L’art. XXXIV dell’Editto di Rotari afferma: “se qualcuno con animo iracondo avrà tirato una freccia o una lancia in una corte altrui dall’esterno e avrà ferito qualcuno all’interno paghi 20 soldi”.
  5. L’art. CXLIX dell’Editto di Rotari afferma: “se qualcuno, per odio, incendia il mulino altrui, restituisca il triplo del valore del mulino con quanto era contenuto in esso”. Il giudice era generalmente il re longobardo, ma quando divenne re Ratchis (744-749) essendo troppo gravosi i compiti dei sovrani si stabilì che fossero i giudici ad amministrare la giustizia presso il tribunale (=Ordal).