Agilulfo: “Uh! Che sonno! Mi sono svegliato con un mal di schiena che…, ma, Cesira, chi sono questi ragazzi venuti dalla campagna che spiano il risveglio di una vecchia guardia longobarda?”
Cesira: “Sono tanti giovani che vogliono conoscere l’emozionante vita di una guardia”.
Agilulfo: “Beh, se è così, cominciamo subito con lo spegnere la candela per evitare che si consumi: costa un occhio! Apriamo, invece la finestra per respirare il profumo della primavera appena iniziata: ammirate la campagna che comincia ad odorare per la fresca erbetta appena nata, sentite la brezza che accarezza le gemme degli alberi ed infine contemplate i raggi del sole che illuminano la mia umile casetta1, costruita con paglia per il tetto, vimini per le pareti e sorretta da quattro grossi pali. Bene, cari giovanotti, se volete sapere qualcosa su quella che fu la mia vita di guardia venite con me, che vi presento la mia vecchia divisa; guardate com’è bella e lucente con il suo elmetto con una bellissima coda di cavallo nera, la lancia appuntita, lo scudo con ambone2 semplice e infine l’abito a gonnella. Se devo dire la verità non mi stava poi tanto male, ma ora non posso indossarla: il mio incarico di guardia è scaduto così vi porto a fare una passeggiata in paese, indossando una semplice tunica di canapa marrone; i miei sandali aperti mi permettono di camminare comodamente.
Ora vi presento qualche amico, Ah! Eccone uno, è l’artigiano Diavolone, così soprannominato perché ne combina di tutti i colori; ora ci facciamo raccontare qualche sua avventura”.
Rivolto all’artigiano, Agilulfo dice:”Salve! Questi giovani vorrebbero conoscerti, potresti raccontargli qualcuna delle tue avventure?”
Diavolone: “Volentieri! Dovete sapere che una delle tante volte che ero rimasto al verde trovai per strada una moneta d’oro; sapevo benissimo che non potevo raccoglierla e, se avessi alzato la moneta fin sopra al ginocchio, senza dirlo al giudice, avrei pagato nove volte il suo valore3; infatti fu quello che mi capitò un’altra volta sbarrai la strada ad una fanciulla libera e dovetti pagare novecento soldi4; metà li dovetti dare al giudice e metà alla fanciulla; poi mi ricordo quella volta che…”
Agilulfo: “Grazie, basta così, i nostri amici avranno capito che tipo sei. Ora ragazzi vi citerò alcune leggi dell’Editto di Rotari; vediamo un po’… Ah! Sì: chi uccide la moglie paga 1200 soldi; colei che uccide il marito può essere uccisa anche lei e i beni andranno alla famiglia di lui (come avrete capito la donna è sottomessa all’uomo ed è priva di potere); chi uccide un contadino paghi 20 soldi5
Ma guarda, guarda: cosa sta combinando quello là? Sta spostando una pietra di confine; il giudice gli farà di certo pagare una multa di 80 soldi, dovuta per metà al proprietario del terreno6.
Beh, avete visto che razza di leggi sono queste; qui stanno quasi tutti al verde; comunque, se devo dire la verità, l’incarico di guardia è molto impegnativo e me ne sto meglio a casa a godermi i dolcetti della mia Cesira. Io adesso vi saluto e me ne torno a casa.”


Note Storiche:

  1. Le informazioni sulle abitazioni e sull’abbigliamento ci giungono attraverso le pagine della “Historia Longobardorum” di Paolo Diacono.
  2. Umbone = Parte centrale, sporgente, dello scudo, spesso decorata.
  3. Editto di Rotari (CCLX): “Se qualcuno troverà per strada una moneta d’oro o una veste, o qualche altra cosa e la raccoglierà fin sopra il ginocchio, senza poi riferirlo al giudice e consegnargliela, restituisca 9 volte il suo valore”.
  4. Editto di Rotari (XXVI): “Se qualcuno per strada contrasterà il passo a una donna o a una fanciulla libera o la oltraggerà, paghi un’ammenda di 900 soldi: per merà al re e per metà alla vittima dell’ingiuria”.
  5. Editto di Rotari (CXXXIIII): “Se qualcuno avrà ucciso un bifolco altrui, paghi 20 soldi”.
  6. Editto di Rotari (CCXXXVI): “Se un uomo sposta una pietra di confine e si dimostra la sua colpevolezza, paghi 80 soldi, per metà al re e per metà al proprietario del terreno”.