Storie di Bizantini, Longobardi, Franchi nell'Italia dell'alto Medioevo

Le avventure di un longobardo fuorilegge (770-774 d.c.)

Io mi chiamo Baronto e sono un longobardo fuorilegge. Poiché non accettavo le mie condizioni di servo1, da un paio d’anni ho iniziato a compiere azioni disoneste, specialmente nei confronti di uomini liberi, ma sfortunatamente mi hanno spesso catturato. Voi penserete che abbia compiuto piccoli reati, ma non è così ora ve ne racconto alcuni.
Conoscevo le leggi dell’Editto di Rotari2: chi contrasterà un uomo a cavallo paghi 20 soldi, chi toglierà un dente visibile ad un uomo libero paghi 16 soldi;… ecco queste sono alcune delle leggi che non ho rispettato, ed è ancora niente, perché ho fatto di peggio.
Io indosso una tunica verde con una bella spada, però vorrei una spada di principe longobardo; i miei calzari sono fatti di bende e io vorrei quelli di cuoio di un ricco signore3. Quando commetto qualche reato mi nascondo nella mia capanna fatta di paglia e di legno, isolata dalle altre, tra il bosco e la palude.
Qualche anno fa mi ero innamorato di una donna libera, che ignorando le leggi longobarde che impediscono il matrimonio tra liberi e servi, era fuggita con me, forse colpita dal mio modo spavaldo o dai miei occhi birichini; quando i suoi parenti lo sono venuti a sapere, si sono rivolti al giudice minacciando di venderla come schiava4. Lei poi, arrabbiata, pochi mesi dopo mi ha lasciato.
In questo mesi ho perso 36 soldi e me ne sono rimasti pochissimi, così non posso divertirmi molto. Ora non so cosa fare; sto andando verso il paese; per caso trovo una moneta d’oro e la metto in tasca senza farmi vedere. E’ una fortuna insperata; nessuna mi ha visto; se qualcuno mi denunciasse al giudice dovrei pagare nove volte il valore della moneta trovata5.
Più avanti, presso un ruscello, vedo un uomo che si sta rinfrescando il volto; io lo saluto e dico: “Che bel cavallo avete!” e sottovoce dico: “E che bel campanaccio al collo dell’animale!”. Prima di andarmene accarezzo il cavallo, mentre con una mano gli slaccio il campanaccio e di nascosto me lo metto in saccoccia. Il cavallo sta per accorgersene, ma io gli do una “pacca” e il cavallo si allontana di qualche passo, mentre io me ne vado in direzione opposta.
Se una guardia mi avesse colto sul fatto mi avrebbe fatto pagare sei soldi6. Andrò al mercato, venderò il campanaccio e ci guadagnerò qualche soldo.
Sulla strada,poco oltre, vedo un grosso alveare ripieno di api e di miele: pensare di rubarlo e metterlo nel sacco è affare di pochi minuti…, ma mentre sono intento in queste operazioni, preoccupato di non farmi pungere dalle api, non mi accorgo che stanno sopraggiungendo le guardie del duca.
Il mio atteggiamento è fin troppo chiaro, inoltre mi si trova nella saccoccia la moneta d’oro e il campanaccio che io, povero, senza cavallo, non so come giustificare.
E così la mia fine è segnata: verrò condotto davanti al giudice e questa volta non so proprio come cavarmela, se penso che per una sola ape dovrò pagare ben dodici soldi!7.

Qualche anno dopo…

Era l’anno 774; i Franchi invasero le terre longobarde ed anche Baronto fu chiamato in guerra contro Carlo Magno8, ma durante la battaglia, vedendo tanti uomini feriti, spaventato, abbandonò i suoi compagni in grave difficoltà.
Per strada incontrò il comandante che gli chiese: “Tu, dove stai andando, soldato?” Baronto prontamente, mentendo, rispose: “A prendere della armi”.
Il comandante però sapeva che l’armiere era passato pochi istanti prima con lance e spade e disse: “Sicuro di essere l’armiere?”
“Sì! Sicuro!”, affermò immediatamente Baronto.
Allora il comandante assunse un tono molto duro: “Tu hai abbandonato il campo di battaglia e hai lasciato soli i tuoi compagni nel pericolo; ti sei comportato come un vigliacco! Per questo ti denuncerò e per questo dovrai essere ucciso!!”.
E fu così che Baronto, che tante volte aveva infranto la legge, punito con la pena capitale9, non poté più avere né l’intenzione di sbagliare, né l’occasione di rinsavire.


Note Storiche:

  1. La società longobarda era divisa in classi: c’erano gli uomini liberi (gli Arimanni e i Faramanni, che combattevano e partecipavano alle assemblee), i semiliberi (Aldii, che coltivavano la terra) e gli schiavi (spesso prigionieri di guerra, senza libertà).
  2. Editto di Rotari, articolo XXVII e LI.
  3. Le notizie sono tratte da Alessandro d’Osualdo, “Arrivano i Longobardi”, Edizioni Longobarde.
  4. Editto di Rotari, articolo CCXXI: “… i parenti di colei che fu consenziente al servo abbiano diritto di ucciderla o di venderla come schiava… fuori dal regno e facciano quello che vogliono dei beni della donna stessa…”
  5. Editto di Rotari, articolo CCLX: “se qualcuno troverà per strada una moneta d’oro, una veste, e qualunque altra cosa e la raccoglierà sollevandola fin sopra al ginocchio, senza riferirlo poi al giudice e consegnargliela, restituisca nove volte il suo valore”.
  6. Editto di Rotari, articolo CCXXXVIII: “Se qualcuno ruberà il sonaglio ad un cavallo o ad un bue, paghi sei soldi”.
  7. Editto di Rotari, articolo CCCXVIII: “se qualcuno ruba dall’alveare una o più api, paghi dieci soldi”.
  8. I Franchi, guidati da Carlo Magno, scesero in Italia nel 774 e sconfissero i Longobardi sostituendosi poi ad essi nell’occupazione di molte regioni dell’Italia settentrionale.
  9. Editto di Rotari, articolo VII: “se qualcuno al momento di un combattimento contro il nemico abbandonerà il compagno e lo lascerà solo a combattere senza restare al suo fianco sia condannato a morte”. In caso di grave pericolo non solo gli uomini liberi combatteranno, ma anche i servi, le donne, i ragazzi.

1 Comment

  1. BellaSwan

    questa storia è la mia preferita, Baronto mi è molto simpatico e mi dispiace che faccia quella fine T_T. Le leggi dell’editto di rotari sono troppo crudeli!!