Onoria, una giovane di circa quindici anni, viveva a Ravenna durante il regno di Giustiniano 1.
Onoria non usciva spesso di casa, ma quella era una bellissima giornata di sole ed ella ne aveva approfittato per andare in giro per Ravenna. La città le sembrava cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista, più “nuova”, ma anche più terrorizzante. Onoria amava girare, osservare le case, la gente, ma ora preferiva rimanere in casa: le strade erano poco invitanti, non c’era quasi nessuno, solo i soldati bizantini, che avevano il loro quartier generale nella città.
Ravenna era sconvolta dalla guerra gotico-bizantina iniziata nel 535 ed Onoria era molto preoccupata: era il 547 e la guerra continuava da ben 12 anni; anche Ravenna, che per anni era stata la capitale del regno degli Ostrogoti, era stata occupata nel 540.
I soldati sorvegliavano le strade; la giovane si chiedeva perchè i Bizantini e i Goti si facevano guerra; era ancora piccola quando le avevano raccontato la storia di Amalasunta2, figlia di Teodorico, re dei Goti, che governava, dopo la morte del padre, per il figlioletto Atalarico, tradita poi dal cugino Teodato che l’aveva fatta uccidere offrendo a Giustiniano il pretesto per iniziare la guerra gotica.
Onoria però non aveva ancora capito perché quella guerra doveva coinvolgere tanto la sua città, Ravenna. Sentiva dire che in altre località, nelle campagne, dove ormai si combatteva da anni, la violenza e la morte dilagavano; la gente, disperata, affamata, si gettava su erbe e radici, perché i campi, calpestati dagli eserciti o abbandonati a se stessi, non davano più raccolti sufficienti. Erano tanti i pensieri che aveva, ma tutti si riassumevano in uno solo: sarebbe mai finita quella tremenda guerra?
Mentre pensava a ciò, Onoria, era giunta nei paraggi della chiesa di S. Vitale3 e così decise di andarla a vedere. Sapeva che era stata iniziata nel 525 per volontà del Vescovo Ecclesio ed ora era quasi ultimata. Onoria era attratta da questa chiesa; la considerava la cosa più bella della sua città: era costruita con mattoni bassi e lunghi; aveva una pianta ottagonale che la stupiva molto; ma per lei era più suggestivo l’interno con i mosaici che ammirava profondamente. Avrebbe voluto prepararne uno anche lei; sapeva più o meno come si faceva: spesso le avevano detto che il mosaico4 consisteva nel combinare insieme pezzetti di pietre colorate, marmi, vetri, gemme, per comporre delle figure, ma sapeva anche che per fare ciò occorreva molta pazienza e lei al contrario ne aveva proprio poca.
Così, senza farsi vedere da nessuno, Onoria entrò.
Subito fu colta da grande meraviglia: c’erano tantissimi mosaici e un gran luccichio d’oro.
Onoria si diresse verso l’abside per vedere meglio due enormi mosaici raffiguranti l’imperatore e l’imperatrice bizantini. Li osservava incantata, non dalla bellezza del disegno, ma dai pensieri che quelle immagini suscitavano in lei: si ricordava dell’impero d’Occidente ormai caduto, della guerra che i Goti e i Bizantini stavano combattendo, di Ravenna che era stata conquistata dai Bizantini, del loro imperatore, Giustiniano, rappresentato nel mosaico con un aspetto così austero e autorevole; si chiedeva se veramente era così severo, se l’imperatrice Teodora era così bella come si diceva; circolavano voci che lei fosse stata, prima di sposarsi, una ballerina; dal mosaico non la sembrava proprio, composta e solenne com’era. Si chiedeva anche come i mosaicisti avevano fatto a raffigurare gli imperatori, se erano venuti appositamente da Bisanzio, come altri, per cui avevano visto Giustiniano e Teodora o se li avevano disegnati così solenni per dare l’idea del loro potere e della loro autorità.
Più rifletteva, più il desiderio di vederli diventava grande e si chiedeva se sarebbero mai venuti a Ravenna; li immaginava con un corteo di soldati e di dame; supponeva comunque che probabilmente non sarebbero mai venuti. Onoria si guardava intorno affascinata da quei colori splendenti dei numerosissimi mosaici che ricoprivano volte e pareti: il giallo, il verde, il bianco, l’azzurro, il rosso si affiancavano e si esaltavano a vicenda.
Il suo sguardo fu attratto dal catino absidale5 nel quale era rappresentato il Cristo, giovane e imberbe, seduto sul mondo, un grande globo turchino adagiato su un verde prato cosparso di fiori: alla sua destra un angelo vestito di bianco vicino a S. Vitale e alla sua sinistra un altro angelo vicino al Vescovo Ecclesio con in mano un modellino della chiesa di S. Vitale che lui aveva fatto costruire; dietro a tutto uno sfondo dorato. Onoria era una ragazza sveglia e aveva subito notato delle “somiglianze” tra la rappresentazioni di Cristo e dell’imperatore. Vedeva che Cristo era circondato da una corte, una corte celeste, e l’imperatore, che probabilmente voleva essere rappresentato come un dio, da una corte terrena; tutti e due comandavano, uno sul mondo, l’altro sul suo impero, ma soprattutto erano tutti e due rappresentati immobili; questo a Onoria non piaceva, infatti non aveva mai capito il motivo della staticità delle figure e le cose che non capiva le sembravano sempre brutte. Aveva chiesto spesso il motivo di questo modo di disegnare, ma non aveva mai ottenuto una risposta esauriente. Una volta le avevano detto che l’artista non era libero, ma doveva obbedire a delle regole severissime volute e controllate da una burocrazia che alla pittura attribuiva finalità religiose, ma non erano stati molto chiari con tutti quei paroloni, come “burocrazia”, “finalità religiose”.
Intanto il tempo passava e Onoria sembrava essersi dimenticata che doveva tornare a casa prima del tramonto, perché non avrebbe potuto camminare per lo scarso numero di torce che rischiaravano le vie e per la presenza dei tanti soldati Bizantini in città.
Temendo improvvisamente che il buio stesse calando, prese uno sgabello e lo accostò alla finestra, ci salì sopra e guardò il cielo: c’era ancora il sole e così decise di rimanere un altro po’. Scese dal sedile e lo riportò al suo posto, ma, nell’appoggiarlo a terra questo cadde e fece un gran rumore che rimbombò per tutta la chiesa. Onoria lo sollevò spaventata, guardandosi intorno per paura di essere sorpresa da qualcuno: dietro le alte colonne, dai mosaici delle pareti e delle volte, le sembrò che infiniti occhi la stessero spiando… Trattenne il fiato, quando… sentì dei passi avvicinarsi sempre di più e pensò di essere stata scoperta da un soldato.
Così corse velocissima fuori dalla chiesa, verso la sua casa, promettendosi che, una volta finita la guerra, quando Ravenna sarebbe stata di nuovo libera, quando le persone sarebbero tornate per le strade senza paura dei soldati, lei sarebbe rientrata nella chiesa, senza paura e senza obbligo di nascondersi; di nuovo avrebbe ammirato quei mosaici meravigliosi e si sarebbe ricordata dei terribili giorni6 che aveva passato.


Note Storiche:

  1. Giustiniano (482-565) diventò; imperatore bizantino dal 527. I suoi generali, Belisario e Narsete, distrussero in Italia il regno ostrogoto (guerra greco-gotica 535-553). Il regno di Giustiniano è considerato il secolo d’oro dell’impero bizantino per la potenza, per la prosperità, economica, commerciale e artistica raggiunte.
  2. Amalasunta visse dal 498 al 535. Morto Atalarico, Amalasunta, che per rimanere regina degli Ostrogoti aveva sposato il cugino Teodato, fu da questi accusata di tradimento dei barbari quando firmò; una lettera con la richiesta di riconoscere Giustiniano come imperatore e fu fatta assassinare nel 535 su un’isola nella quale era stata mandata in esilio.
  3. I fondi per la costruzione, venuta a costare ben 26.000 soldi d’oro, furono messi a disposizione del Vescovo Ecclesio da Giuliano Argenterio. La chiesa, iniziata sotto i Goti, fu terminata sotto i Bizantini e fu consacrata nel Maggio del 547.
  4. Il mosaico era costituito da pezzetti chiamati tessere che avevano forme diverse ed irregolari e venivano adoperate a seconda degli effetti che si volevano ottenere. Si fissavano su di uno stato di smalto speciale, che diventava solido asciugandosi. Il maestro preparava i disegni e poi esperti artigiani eseguivano il lavoro: si trattava di grandi figure a colori vivaci, perché destinate ad essere viste da lontano, poco numerose e rigide, che spiccavano su uno sfondo ricco di luce, d’oro o azzurro, disposte spesso simmetricamente.
  5. Incavo semicircolare, ricoperto da una semicupola.
  6. Ravenna, capitale dell’Impero Romano d’Occidente sotto Onorio (402), fu occupata da Odoacre (476) e poi da Teodorico (493), che ne fece la capitale del regno ostrogoto. Conquistata dai Bizantini (540), fu la sede dell’esarcato; passò quindi ai Longobardi (751) e ai Franchi.